Chiudere e perdere posti di lavoro, nonostante un settore non in crisi. Anzi, in utile. Semplicemente per una scelta aziendale. È questo lo spettro che aleggia attorno ai lavoratori della TE Connectivity, dopo la decisione dell’azienda di dismettere l’impianto produttivo di Collegno entro il settembre del 2025.
Lo scenario di crisi
Uno scenario rigettato con forza dai lavoratori che nella giornata di oggi, auditi dal Consiglio regionale, hanno chiesto una mano alla Regione per riscrivere questo tragico capitolo di storia aziendale. “Chiediamo che a Collegno vengano trasferite altre attività o si diversifichi e si investa: questo sito è sempre stato positivo in termini di professionalità e qualità” è il pensiero di Marco Barbieri (Fim), che ha ricordato come solo un anno fa TE Connectivity avesse concordato solo un anno fa un piano aziendale.
Sì perché il paradosso è questo: non si evidenzia una crisi nel settore del bianco, anzi. L’azienda continua a produrre utili. Ma non solo. Il sito della multinazionale svizzera-americana di connettori ha infatti una professionalità riconosciuta, ma si ritrova costretto ad alzare bandiera bianca contro la scelta di delocalizzare la produzione.
L’appello alla Regione
“Siamo nel pieno di una desertificazione industriale: cosa hanno intenzione di fare l’Italia e l’Europa per agevolare la fiscalità come hanno fatto negli Stati Uniti? Serve un movimento di coscienza per fermare l’emorragia di posti di lavoro. Non possiamo perdere questa battaglia: la Regione faccia pressione sul Governo perché richiami l’azienda alla responsabilità sociale” è il monito di Giorgia Perrone (Fiom Cgil Torino).
La richiesta alla Regione è chiara: un sostegno attivo e concreto, per mettere in discussione la decisione dell’azienda e difendere così l’occupazione.
La risposta di Chiorino: “Lavoriamo insieme”
L’assessore al Lavoro Elena Chiorino ha chiesto ai lavoratori di fissare un’asticella di richieste da porre nell’interlocuzione con l’azienda.
Un ambito su cui si potrebbe provare a fare leva è quello dell’aerospazio, settore che acquista connettori. “Ragioniamo su più passaggi, la volontà politica per far restare l’azienda sul territorio c’è ovviamente. Dobbiamo lavorare insieme per esser incisivi, con le multinazionali non è mai semplice ma è necessario cooperare”, ha affermato Chiorino, chiedendo ai lavoratori una scheda di conoscenze e know how delle competenze, al fine di individuare una declinazione strategica da far valere con TE Connectivity.
Allasia: "Faremo la nostra parte"
"Continuare ad ascoltare il timore di dipendenti che rischiano di perdere il posto di lavoro umanamente ci fa stare male, ed aumenta la nostra responsabilità sociale e politica", le prime parole del presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia dopo l'audizione della delegazione dei lavoratori della TE Connectivity, e l'approvazione di tre ordini del giorno a loro sostegno. "Anche su questa crisi non ci tireremo indietro - ha aggiunto Allasia - e faremo la nostra parte per tutto ciò che è nelle nostre possibilità per scongiurare conseguenze ancora più gravi, ma vorrei che ci fosse la reciproca onestà intellettuale nel riconoscere che gli strumenti che abbiamo in mano per contrastare le scelte aziendali di queste multinazionali spesso sono insufficienti e pochi. Ma li useremo tutti, non lasciando nulla di intentato. Iniziando, come fatto con Lear ed altre aziende, con documenti di sostegno condivisi con l'obiettivo di sollecitare anche l'intervento dei ministeri competenti".
Iaria (M5s): "Ho portato il tema alla Camera dei Deputati"
“Ho chiesto alla Regione di mettersi in moto, aprire un tavolo con il Ministero del Lavoro, e fare pressione su Te Connectivity per mantenere il sito di Collegno. Ci sono impegni presi nel 2022 da rispettare. Serve un'immediata azione per fermare questa brutta storia di licenziamenti e proteggere i posti di lavoro. La proposta di delocalizzazione sarebbe un danno enorme per il nostro territorio e per il sistema industriale del nostro paese” è invece il commento di Antonino Iaria, parlamentare del M5s, che ha portato il tema alla Camera dei Deputati.