Brividi lungo la schiena delle pmi. Non per il freddo ormai arrivato, né per gli scherzi della notte di Halloween. Le piccole e medie imprese di Torino e provincia hanno paura del futuro: sia per quanto riguarda la produzione che gli ordini, fino al fatturato. E se per il momento l'occupazione tiene (non dovrebbero esserci licenziamenti), gli investimenti frenano con forza. Lo dice l'ultima indagine di Api Torino.
Due guerre e il costo del denaro alle stelle
Questo è l’effetto delle tensioni sui mercati nazionali ed esteri, oltre che delle incertezze politiche a livello globale. “La fotografia – commenta Fabrizio Cellino, presidente di Api - rappresenta molto bene la reale situazione e che non lascia spazio a dubbi: le nostre imprese soffrono di tutto il peso derivante da due guerre in corso quasi ai confini del Paese e della conseguente crisi dei costi. A tutto ciò si aggiunge l’effetto dell’incremento esagerato del costo del denaro che frena nuovi investimenti e appesantisce le aziende che hanno investito per il loro rilancio post Covid. Se si aggiunge il clima di assoluta incertezza sia a livello nazionale che internazionale, si comprende subito il crollo della fiducia nelle prospettive manifestato dai nostri imprenditori".
Cosa serve, per rilanciare il settore? Difficile trovare una ricetta sola: "E’ evidente che, al di là di misure contingenti volte per esempio ad accrescere l’accesso al credito e all’innovazione tecnologica, servono politiche di medio-lungo periodo che forniscano una prospettiva di sviluppo e soprattutto strumenti di tutela e sostegno degli investimenti, efficientamento delle procedure, possibilità di aggregazioni di filiera”.
I pessimisti "staccano" gli ottimisti
“La nostra indagine – dice Fabio Schena, responsabile dell’Ufficio studi e innovazione di API Torino -, riporta nuovi segnali di tensioni che si riflettono sul grado di fiducia degli imprenditori e su tutti gli indicatori congiunturali osservati. Il saldo «ottimisti-pessimisti» crolla a -13% perdendo circa 15 punti percentuali rispetto a solo 3 mesi fa (luglio 2023). Il grado di fiducia resta positivo per le imprese che operano nell’ambito dei Servizi (+16%), mentre per le imprese manifatturiere e del comparto delle costruzioni i saldi segnano rispettivamente -19,8% e -12,5%”. Decisamente al ribasso anche le previsioni sui due indicatori principali: saldo ordini -19,2% (era -7,1%), saldo fatturato a -16,4% (era -8,8%). Negativo anche il saldo produzione seppur leggermente migliorato rispetto a luglio: -16,5% (era -19,2%)".
I numeri raccontano forti incertezze soprattutto per le imprese manifatturiere il cui portafoglio ordini non va oltre il mese nel 47,5% dei casi e oltre i tre mesi per l’80,2%. Taglio anche per gli investimenti: sono previsti solo dal 47,5% delle imprese (erano il 62,4% tre mesi fa).
Tiene invece l’occupazione. Il ricorso agli ammortizzatori sociali è passato dal 6% al 5,7% (ma sale a 8,8% per le aziende manifatturiere), ma per il futuro le imprese che prevedono di assumere diminuiscono (dal 45,7% al 39%). Migliorano i tempi di pagamento: il 31,4% delle aziende vanta crediti scaduti da oltre 60 giorni (erano il 43% tre mesi fa).