Coalizione larga e nome del candidato entro novembre. Sono questi i paletti fissati da Domenico Rossi, segretario regionale del Partito Democratico, impegnato ad avviare una campagna elettorale che, in vista delle elezioni regionali del 2024, vede il centrosinistra impegnato a recuperare terreno nei confronti di un centrodestra guidato con ogni probabilità da Alberto Cirio.
Segretario, manca meno di un anno alle elezioni regionali e nonostante i rumors vi diano sfavoriti lei l’ha recentemente ribadito con forza: “La partita è aperta”. Ci spieghi il perché.
"La risposta risiede in due questioni di fondo. La prima è che chi fa politica deve credere al fatto che la storia sia il regno della possibilità. Non c’è mai nulla di definitivo. Dobbiamo essere i primi a credere nella possibilità di un cambiamento. Il secondo aspetto riguarda la storia del nostro Paese, che ci insegna che un anno in politica è un tempo enorme. Guardi a quello che è successo in Spagna".
Quale messaggio arriva dalla Spagna?
"Non sappiamo se è una tendenza, ma potrebbe essere che l’estrema destra stia cominciando un percorso di discesa, dopo essere salita negli ultimi anni. Questo cambierebbe lo scenario in Italia: non sappiamo se l’autunno porterà o toglierà consensi a Fratelli d’Italia. Visto che se non cambiano le regole voteremo a giugno in un election day, abbiamo il dovere di crederci perché il voto sarà molto politico".
Capitolo coalizione. Avete iniziato le riunioni la scorsa settimana: da parte dei civici e del Pd c’è stata un’apertura ad alleanze con il M5S e anche con il Terzo Polo ma i Moderati, invitati, non si sono presentati. Sembrava che Mimmo Portas fosse in vacanza, ma si trovava a Torino…
"Quando parliamo di Regionali, parliamo di elezioni a turno unico. Gli elettori devono saperlo, non c’è ballottaggio ed è chiaro che se da un lato abbiamo una coalizione come quella del centrodestra che è unita e dall’altro una che ancora non ha trovato il modo di comporsi, è evidente che questo è un vantaggio strutturale per il centrodestra. Il tema della coalizione è centrale. Sappiamo che la dinamica nazionale sta dominando su quella regionale. La necessità delle forze politiche di rimandare a dopo le Europee il rapporto tra le stesse, è un tema che pagano le elezioni regionali".
Ma lei come segretario cosa pensa?
"Io da mesi ho detto a tutti che la priorità è allargare la coalizione: se vogliamo dare una chance ai piemontesi, di fronte a una coalizione di centrodestra serve garantirne una di centrosinistra. Diversamente la partita diventa molto in salita. Siamo disposti a qualsiasi ragionamento e apertura, sia in termini di contenuti che come persone da candidare. Mi auguro che da qui a ottobre ci siano le condizioni per unirsi. Ad alcuni elementi programmatici non penso si possa dire di no: sanità pubblica, trasporto pubblico, transizione ecologica. Ma penso anche all’elemento di novità del salario minimo. Sarebbe interessante che a livello nazionale le forze politiche scegliessero una Regione per provare ad avviare una sperimentazione, collaborando e unendosi".
Questione candidato: le ultime 4 elezioni hanno visto emergere un candidato presidente indicato dal Pd. Sarà cosi anche questa volta? Si parla tanto di Valle e Gribaudo. Ha senso invece guardare ai candidati civici? Dall’altra parte il candidato sembra esserci già…
"Attenzione, anche dall’altra parte il candidato non è certo. Sembra che si vada verso una conferma del presidente Cirio, ma anche in quel caso si aspetta la decisione di Giorgia Meloni. Io ho detto che non si tratta di singole persone o di carriere individuali: il Pd ha certamente nomi all’altezza di questa sfida, per esperienza e capacità di visione. Un nome interno o esterno al partito non deve essere una discriminante, dobbiamo trovare la persona migliore possibile sapendo che nessun mestiere si improvvisa. Anche quello di presidente della Regione. Non stiamo giocando a indovina chi, dobbiamo trovare la persona adeguata".
E quando definirete il candidato alla presidenza?
"Entro novembre dobbiamo avere il nome. Ci sono due strade possibili: la sintesi su un candidato/a. O le primarie, che sono uno strumento bellissimo. Hanno dimostrato di riservare sorprese positive, misurano non cosa pensa ognuno di noi ma cosa pensano i cittadini. Guardiamo a questi due scenari con serenità: se c’è un nome condiviso è benvenuto, se più persone aspirano a quella carica si fanno le Primarie. E’ un modo anche per coinvolgere le persone e far partire la campagna elettorale".
Guardiamo alla società civile, le facciamo due nomi: Guido Giustetto, Guido Saracco. Già Appendino aveva tentato la strada del rettore del Politecnico, ma era stata stoppata dai Dem
"Tutti questi nomi sono autorevoli e credibili. Ma se ricordo bene fu il rettore a fare un passo indietro per questioni famigliari e personali, non ci fu uno stop. Io, come segretario regionale, ho testato tra le forze politiche dei nomi per capire se ci fosse una persona in grado di cambiare le carte in tavola all’interno della coalizione. Ho voluto capire se vi fosse un nome e un cognome in grado di far sedere oggi al tavolo chi oggi non c’è. Mi è stato risposto di no, a oggi. Poi magari a settembre le cose cambiano. Le posizioni sono oggi legate a dinamiche nazionali, non a nomi. Il Pd nazionale non ha problemi ad allargare la coalizione, ma bisogna vedere se le altre forze politiche sono disponibili a vedere in questo allargamento una possibilità di vittoria in Piemonte. Io mi auguro di si".
Il Pd è forte a Torino. Cirio parte avvantaggiato nelle province: come pensate di recuperare lo scarto nei territori più decentrati? Il segretario arriva da una provincia.
"Nei diversi appuntamenti elettorali alcuni territori sono rimasti privi di una rappresentanza. Sia a causa di un meccanismo elettorale che per una crescita del centrodestra. Abbiamo bisogno di valorizzare questi territori, con figure provenienti da quelle aree che sappiano dare una risposta ai bisogni dei cittadini. Penso alla questione trasporto pubblico locale: in quasi tutto il Piemonte le persone possono muoversi solo in auto perché i treni non sono stati toccati in questa legislatura. Mi riferisco anche alla sanità. Il quadrante nord ha una vocazione di luogo centrale tra due aree metropolitane importanti come Torino e Milano, ma va valorizzata".
Sanità, non avete mai risparmiato attacchi a Cirio. Qual è stato secondo lei il più grande fallimento o obiettivo mancato della Giunta?
"Nessuno nega una difficoltà legata al Covid, ma Cirio e Icardi hanno negato i problemi e risposto ai problemi con annunci. Se si dice che va tutto bene, che il Piemonte ha fatto tutto quello che poteva fare, è evidente che non farà nulla per migliorare la situazione. Questa è secondo me la madre di tutte le debolezze. Poi c’è un tema dell’assenza di programmazione, l’abbiamo visto nell’edilizia sanitaria. O penso alla formazione dei medici e degli infermieri. A inizio legislatura abbiamo richiesto borse regionali per gli specializzandi e ci hanno risposto che non ce n’era bisogno. A un certo punto si sono accorti che erano necessarie, perché i medici di base andavano in pensione. Oggi non basta aumentare le borse, ma se fossimo partiti cinque anni fa la questione sarebbe diversa. Il tema del personale è sotto gli occhi di tutti: il saldo tra dimissioni e assunzioni è sempre negativo, sia con Cirio che con Cota. Con Chiamparino era positivo".
E poi?
"L’altro elemento critico è il rapporto tra pubblico e privato. Noi non abbiamo alcun pregiudizio verso il privato ma se c’è una cosa che il Covid ci ha insegnato è che i servizi essenziali li può garantire solo il pubblico, visto che il privato ha una logica che naturalmente è orientata legittimamente al profitto. Oggi la proposta per risolvere i problemi è sempre il privato. Nulla in contrario, a patto che prima sia finanziato il pubblico in maniera corretta con almeno il 7,5% del Pil. Se no il rischio è avere cittadini di Serie A e di Serie B. Chi si può curare perché paga e chi rinuncia perché non può. E’ inaccettabile, viola il diritto alla Salute sancito dalla Costituzione".
E qualche aspetto positivo?
"Non li vedo, non vedo elementi di positività in termini di Sanità".
Nemmeno il Parco della Salute?
"Pensiamo al Parco della Salute di Torino o la Città della Salute di Novara, i due ospedali più grandi della Regione ed elementi di ricerca importanti: sono passati 4 anni e non sono mai partiti i lavori. Per il Parco della Salute siamo arrivati a uno stallo. Per inseguire il consenso abbiamo visto anche lo spezzatino".