Dopo la pandemia, la crisi energetica, il rincaro dei prezzi dell’energia, la crisi dell’edilizia con i crediti incagliati nei cassetti fiscali e le due crisi geopolitiche in corso in Ucraina e in Medio Oriente, si aggiunge un’ulteriore preoccupazione per le imprese artigiane: la stretta del credito bancario, acuita anche per effetto del rialzo dei tassi, che penalizza soprattutto le imprese di piccole dimensioni. E’ quanto emerso in un sondaggio effettuato su un campione di associati di Confartigianato Torino.
38% imprese ha avuto meno di quanto richiesto
Infatti, secondo il sondaggio il 38% delle imprese nel 2023 ha ottenuto in prestito una cifra inferiore a quella richiesta mentre al 4,9% è stato rifiutato il prestito. Per quanto riguarda le condizioni del credito, la maggioranza delle imprese che hanno finanziamenti in essere rilevano un inasprimento dei tassi.
Il risultato di questa stretta creditizia e il peggioramento delle condizioni finanziarie si ripercuote sulle scelte delle imprese per il 2024: il 48% del campione intende rinunciare agli investimenti di lungo periodo (formazione, sostenibilità ecc) e oltre il 50% del campione non pensa di fare nuove assunzioni nel corso del nuovo anno.
Si rinuncia a investire e assumere
Sulla base delle tendenze dei tassi rilevati a luglio 2023, l'Ufficio studi di Confartigianato calcola in Italia un maggiore costo su base annua sul credito erogato alle Mpi (micro e piccole imprese fino a 50 addetti) pari 7,47 miliardi di euro
“Questi numeri – commenta Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino – mettono in evidenza una delle criticità che incombe sulle nostre imprese ossia la mancanza di liquidità dovuta anche alla stretta creditizia e alla decisione della Banca centrale Europea di innalzare i tassi di interesse. Una misura che sarebbe finalizzata a contrastare l’inflazione ma che di fatto si traduce, per imprese e famiglie, in un maggior costo del denaro: pagheremo di più mutui e prestiti".
De Santis: "In alcuni casi si pensa a sospendere l'attività"
"Ora che i costi di gas ed energia sono scesi a livello almeno sopportabili, anche se non ancora normali, per alcune imprese in difficoltà si può arrivare a tassi oltre il 7%, generando un circolo vizioso: per sopportare i costi sono costrette a ribaltarli a valle, aumentando i prezzi e quindi l’inflazione, ma è un’inflazione indotta. Con i tassi d’interesse così alti vengono mortificati anche gli investimenti di lungo periodo. Occorre almeno premiare le imprese meritevoli sottoposte a restrizione creditizia che spesso sono quelle più piccole”, prosegue il presidente di Confartigianato Torino.
“Per tentare di rimanere a galla le nostre imprese – conclude De Santis – stanno adottando alcune soluzioni per continuare a essere presenti sul mercato e a lavorare: aumento dei prezzi, riduzione dei margini di profitto, autoproduzione di elettricità, efficientamento degli impianti, rinegoziazione dei contratti e, purtroppo, anche la riduzione del personale e, in alcuni casi, la sospensione dell’attività”.