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Attualità | 18 settembre 2020, 23:59

Nuovo piano europeo per le materie prime critiche: il contributo del Politecnico

Nell’Ateneo torinese si formano le risorse umane essenziali per realizzare gli obiettivi del Green Deal

Nuovo piano europeo per le materie prime critiche: il contributo del Politecnico

Il 3 settembre scorso la Commissione Europea ha ufficialmente presentato il nuovo piano d’azione per rendere più sicuro e sostenibile l’approvvigionamento di materie prime, in linea con gli obiettivi del “Green deal”.

Il piano europeo per diventare il primo continente a impatto climatico zero porterà infatti ad un aumento esponenziale del fabbisogno di numerose materie prime, essenziali, tra l’altro, per la produzione di massa di batterie per la mobilità elettrica, per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in primis fotovoltaico e eolico, per l’industria digitale e aerospaziale.

Nella quarta lista pubblicata dalla Commissione UE contestualmente al relativo Piano d’Azione, 30 materie prime sono considerate “critiche” sulla base di un’analisi che incrocia rilevanza economica e rischio di approvvigionamento, considerando che per quest’ultimo il nostro continente dipende per la maggior parte da Paesi terzi, e spesso da un unico fornitore.

Quali le soluzioni? “Innanzitutto un ulteriore sforzo verso un’economia più circolare, per far sì che l’approvvigionamento sia sempre più assicurato da materie prime secondarie, ovvero derivanti da processi di riutilizzo e riciclo, e un rafforzato sostegno verso l’innovazione, per garantire una maggiore efficienza nell’impiego di tali risorse. In aggiunta, ed in modo sinergico, il rafforzamento dell'approvvigionamento di materie prime all’interno dell’UE, con elevati standard di sostenibilità, sia dal punto di vista ambientale sia sociale del settore estrattivo e della successiva trasformazione”, spiega Gian Andrea Blengini, docente del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture e Senior Researcher presso il Joint Research Center della Commissione Europea.

Il professor Blengini ha coordinato lo studio che ha condotto all’aggiornamento della lista delle materie prime critiche. Nella squadra di ricercatori UE hanno lavorato anche Umberto Eynard, dottorando del Politecnico e Silvia Bobba, che ha conseguito da poco il dottorato sempre presso il Politecnico di Torino, ed è prima autrice dello studio previsionale sull’impiego delle materie prime critiche nelle tecnologie e nei settori strategici per l’UE, in uno scenario che arriva fino al 2050. 

L’attività di ricerca nell’ambito delle materie prime, sotto diversi punti di vista (estrattivo, di trattamento, utilizzo e ri-utilizzo) è un asset importante all’interno del Dipartimento a cui afferisce il professor Blengini: oltre all’attività del suo gruppo LifeCycle Assessment, sono attivi filoni di ricerca in tema di rifiuti, ingegneria delle materie prime, ingegneria degli scavi e della sicurezza, geologia e geofisica applicate, che comprendono anche la partecipazione in importanti progetti europei,quale ad esempio SmartExploration, che mira ad utilizzare tecniche efficienti e sostenibili di esplorazione geofisica per la ricerca di materie prime in Europa.

Inoltre il Politecnico di Torino ha recentemente costituito una piattaforma dedicata all’Economia circolare che intende comunicare, promuovere e valorizzare in modo armonico tutte le attività di ricerca sviluppate dai diversi Dipartimenti e Centri Interdipartimentali o in collaborazione con i propri enti strumentali e partecipati, per portare le proprie competenze in questo ambito direttamente nel tessuto produttivo della città e del territorio. “In Ateneo, dal 2016 a oggi, sono stati finanziati circa 30 progetti europei e nazionali su tematiche riconducibili all’economia circolare, per un ammontare complessivo di oltre 12 milioni di euro”, aveva dichiarato la Prorettrice e coordinatrice dell’iniziativa Patrizia Lombardi, in occasione del lancio ufficiale della Piattaforma lo scorso gennaio.

Ma c’è di più. Lo scorso ottobre è stata celebrata la cerimonia di laurea dei primi laureati magistrali in “Mining Engineering”, indirizzo ri-attivato nel 2017 proprio nella consapevolezza che il settore minerario ha bisogno di figure professionali che sappiano operare sul campo affiancando alle conoscenze tecniche forti competenze in campo ambientale, per garantire la sostenibilità dei processi industriali sia in fase di estrazione, trattamento e utilizzo delle risorse, sia in fase di decomissioning. Non a caso il corso di laurea è incardinato nel Collegio di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio e il piano di studi comprende insegnamenti specifici in questi ambiti. Del resto, il Politecnico di Torino ha da sempre avuto una forte Scuola Mineraria di riconosciuto prestigio a livello nazionale ed internazionale, con uno specifico corso di laurea attivo fino all’inizio degli anni ’90, e rilanciato nel 2017 attraverso il percorso “Mining Engineering”.

Unico corso magistrale in Italia di questo tipo, assume oggi ancor più rilevanza per garantire la disponibilità di figure tecniche preparate e con un forte profilo internazionale (l’intero corso è in lingua inglese e i partecipanti provengono da diversi Paesi europei ed extraeuropei) che possano realmente contribuire al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi che si è posta la Commissione Europea. Infatti, l’Azione 6 del Piano europeo è declinata come segue: “Sviluppare le competenze e le capacità nelle tecnologie estrattive, minerarie e di trasformazione nel quadro di una strategia di transizione equilibrata nelle regioni in transizione dal 2022 in poi”.

comunicato stampa

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